LA MORTE MI FA RIDERE di Ferdinando Balzarro: Recensione di Carlo Alberto Pari
Poche cose come la paura sono una questione intima, insondabile e personale. Normalmente, si ha paura della morte mentre alla vita ci si attacca con le unghie e con i denti. Il ribaltamento dei fattori non cambia il risultato. Se non temi la morte, e la desideri, finanche consciamente la cerchi, è perché la vita ti spaventa, o meglio, ti fa orrore un mondo in declino e una umanità sempre più dedita alla distruzione di sé e del pianeta ferito che l’accoglie. Leonardo, il protagonista del romanzo, acclarato caso di antinomia, è un avventuriero. Rifugge la routine quotidiana, le convenzioni, qualunque rituale sociale. Diffidente nell’approccio interpersonale, è affezionatissimo ai suoi due cani, Luna e Petra, che preferisce non lasciare mai da soli tanto che lo accompagnano nei suoi viaggi in solitaria intorno al mondo, in vacanza e anche quando ha bisogno di disintossicarsi dalla vita di relazioni che sia pur minime è costretto a mantenere. Il suo sprezzo per il pericolo è ben noto nell’ambiente tanto che viene spesso reclutato per incarichi di alto profilo l’ultimo dei quali organizzare il trasporto di preziosi oggetti di antiquariato dall’India. Nulla è mai troppo estremo per Leonardo, pur di non confrontarsi con il più imbattibile dei suoi avversari: il coraggio di vivere.
LA RECENSIONE
Può apparire contradditorio raccontare la vita disquisendo sulla morte.
In realtà, l’ultimo romanzo del maestro Ferdinando Balzarro è una riflessione sull’esistenza, lucida, colta e raffinata. Scarno, lo spazio concesso all’ipocrisia; razionale, l’analisi dei comportamenti umani.
Il protagonista, Leonardo, è un personaggio particolare, rifiuta le convenzioni, disprezza i rituali di gregge, peraltro, a mio avviso, sempre più invasivi, nonostante l’aumento della scolarizzazione.
Leonardo ama la natura, odia l’uomo che ha barattato il benessere con il saccheggio, ama gli animali, che abbiamo sottomesso a uso e consumo della nostra specie. In particolare, nutre un profondo amore per i cani, che si distinguono per l’innata fedeltà e l’incondizionato amore.
Del resto, non è il sostantivo “amore”, ma l’aggettivo incondizionato che li caratterizza e li differenzia in modo radicale. In aggiunta, i cani trasmettono empatia, soprattutto non valutano il compagno umano in funzione dei “mezzi” di cui dispone, accontentandosi del “quasi nulla”.
Nel racconto appare emblematica la citazione di partenza: “la vita è una malattia mortale, che si trasmette per vie sessuali” (Ronald Laing).
Meriterebbe un’accurata analisi. Invece, molto spesso la saggezza approda nelle nostre vite in tarda età, quasi per cause naturali, quando la prevaricazione, istinto naturale della specie, finalizzata alla sopravvivenza, perde di valore.
Attraverso il protagonista, l’autore racconta la vita, molto spesso sintetizzabile in una spasmodica corsa alla ricerca del successo, del denaro, del potere, del dominio.
L’intelligenza non sempre è prerogativa di positività, può divenire ostacolo se porta a comprendere e valutare. Non di rado l’analisi sfocia nel disagio.
Nel caso di Leonardo, si trasforma in sfida. Nascono accattivanti avventure, raccontate con magistrale sapienza, sempre al limite della sopravvivenza, nei luoghi più disparati e pericolosi: deserti, oceani, cieli, montagne.
Emerge un denominatore comune, un amore intimo per le bellezze del Mondo, un orrore per i tanti comportamenti umani che le devastano. Emerge un amore intimo per Luna e Petra, i “suoi” cani fedeli senza compromessi, amici senza fini.
Di certo, il romanzo induce a profonde riflessioni, ma lascia al lettore la chiave di accesso all’atrio della vita, soprattutto alla valutazione del breve e tortuoso corridoio dell’esistenza.
Carlo Alberto Pari
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FERDINANDO BALZARRO
Professore di Educazione Fisica, nel 1965 Ferdinando Balzarro diviene uno dei primi allievi del Maestro giapponese di Karate Hiroshi Shirai.
Nel 1967 Balzarro vince a Vienna i Campionati europei di Kumite a squadre. Da quel momento si susseguono vittorie in questa specialità sia a livello italiano che internazionale.
Nel 2005 gli viene conferito il grado di VIII Dan e nel medesimo anno diviene Direttore Tecnico del settore Karate-Dō nella Federazione Italiana Arti Marziali.
Ferdinando Balzarro si è dedicato anche al paracadutismo sportivo, in particolare al paracadutismo acrobatico. È stato fra i dodici italiani che hanno partecipato al record mondiale di “Grande Formazione” nel dicembre 1999 ad Ubon (Thailandia).
In questi anni, inizia il suo percorso nel mondo della scrittura. Nel 2001 esordisce con il libro autobiografico Bagliore, a cui seguirà Il Sangue e l’Anima.
Nel 2002 è la volta di Plenilunio e Il Solista. Nel 2005, Punto vitale vince il Premio Carver.
Nel 2006 nasce Lupo, affannosa ricerca del significato della vita e metafora sull’ingiustizia universale.
Nel 2007 viene pubblicato Cuore di Diavolo, dove si intrecciano amore, passione, erotismo, sofferenza e tragicità.
Il Secondogenito, riflessione amareggiata e disillusa sul divino, vince nel 2008 il Premio speciale Martina Franca Festival e nel 2009 il Premio Parolesia.
Nel 2009 esce Il cane che aspettava le stelle, un’intensa dichiarazione d’amore per una compagna di viaggio speciale, estranea alle debolezze disarmanti degli esseri umani.
Il 2011 è l’anno de Il bene e il male: pensieri di un Maestro, dove la vita e l’Arte, oltrepassando i propri confini, si fondono e creano essenza, pensiero e metodo.
I romanzi di Ferdinando Balzarro scendono nelle viscere dell’animo umano, esplorano gli anfratti più reconditi, e ci restituiscono storie scomode, ma mai scontate.
Balzarro non si esime dall’onere di raccontare le debolezze del genere umano, schiavo dei propri desideri.
L’appagamento di questi desideri, talvolta, diventa lo spartiacque delle scelte compiute dai personaggi dei suoi romanzi.
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